Buongiorno mi chiamo Adelaide...

Adelaide in modalità "auto esplosione"
...ho tre anni, segno zodiacale Capricorno, mi piace il colore verde, vado alla scuola materna, ho sempre molta fame, ho una sorella che si chiama Ginevra, ed esplodo facilmente.

Se la nostra piccola dada dovesse presentarsi "come un'adulta", dovrebbe usare queste parole, per autodefinirsi in maniera inequivocabile. 
Soprattutto le ultime due.
Esplodo.
Facilmente.

E' un periodo burrascoso con Adelaide, o per ribadirlo ancora, esplosivo. Praticamente in testa non ha più i capelli ma una miccia bagnata con la benzina. Anche nei momenti di calma apparente, trova il modo di auto-innescarsi e non c'è modo di spegnerla in tempo. Deve fare il suo corso, e poi tocca raccogliere i pezzi e ricostruire. E' diventato un esercizio quotidiano: spero solo dopo ieri sera di aver delineato un confine, e che anche lei possa ricordare qual è, questo confine, e perché non va superato, e che cosa succede se viene oltrepassato.

Perché in queste settimane viviamo con il "tic tac" in testa, con la sensazione che lei possa esplodere al minimo contrasto, alla più flebile sollecitazione. Se la sgridiamo cerca di imporsi, alzando voce e mani, sbraitando con tutti gli esseri umani che in quel momento sono intorno a lei.

Queste sue reazioni e comportamenti al limite della comprensibilità umana, suscitano in noi sentimenti altalenanti, che seguono grosso modo uno schema fisso:
  1. Mani che prudono (pensando "adesso gliene do tante, ma tante..")
  2. Bisogno di allontanarsi e di sfogarsi con qualcosa (ora vado in cameretta e le brucio tutti i giochi)
  3. Riso isterico: (mi fai ridere, con quella manina alzata che provi a fare la grande e sgridare noi)
  4. Ritorno alla normalità: (ok, adesso che hai fatto la tua piazzata vediamo di ragionare)
Punto uno...ovviamente solo nella nostra testa, anche se una sculacciata se l'è presa, dopo uno schiaffo in faccia rifilato alla mamma. Quando ci vuole ci vuole, direbbero negli anni 60, 70, 80...poi la pubblicità del mulino bianco ha creato famiglie mostruose, dove ci sono regole attaccate ai muri che vengono lette alla sera e dimenticate la mattina dopo.

Punto due...non abbiamo fatto un falò dei suoi giochi, ma abbiamo provato a sequestrarli. In questi giorni la bicicletta è chiusa in cantina. Avevo creato con lei un gioco per riaverla dopo qualche giorno, ma il foglio dove avrebbe dovuto disegnare le "faccine premio" è finito nella spazzatura. Olè.

Punto tre...Oltre a preoccuparsi perché sembra completamente pazza quando fa i suoi numeri, vedersela lì, in piedi sulla seggiola a sindacare, con la mano alta, mentre spiega a noi cosa dobbiamo fare ("dovevi chiedere scusa DUE volte, non UNA sola!; "mamma, basta ciliegie, non sono mica tutte tue") purtroppo fa anche ridere, ma è un messaggio che non dobbiamo dare assolutamente.

Punto quattro...Quale che sia il castigo o la reazione, in coda non c'è quasi mai veleno, ma piuttosto la voglia di placarla e parlare con lei. Ogni, maledetta, volta. Accennavo, a proposito, a ieri sera...dopo l'ennesima cena andata storta, dopo una scenata storica, con Adelaide seduta sul tavolo a urlare e noi ad osservare per capire "dove può arrivare"...ecco, dopo tutto questo, quello che abbiamo cercato di fare, con la massima cortesia e pacatezza possibile, è stato farle capire quali sono i segnali da ricordare. Quando sta andando troppo oltre, se sente mamma o papà alzare un po' la voce, è il momento di smetterla, stare in silenzio e obbedire. Non di rispondere, cercando di imporsi. Non di urlare più forte picchiando e prendendo a male parole le persone ("brutto cattivo", "mostro"...). 

I segnali, i confini, hanno sempre giocato a nostro favore, nei periodi chiave dell'educazione.
Quasi due anni fa, le "regole della famiglia", ormai troppo spesso disimparate, servirono per delimitare alcuni lati dei caratteri emergenti. Non sono state risolutive, ma utili.

Ora, con Adelaide, allo scoccare dei tre anni e mezzo, stiamo cercando di sintonizzarci sul canale giusto; ci sono volte che non sentiamo nulla, altre volte una voce che gracchia, altre ancora un rumore metallico. Poi, arriva, quel momento in cui troviamo la frequenza giusta e si riesce a parlare serenamente. Con la voce chiara, limpida, e con orecchie tese che ascoltano. 

Una pazienza indefinita, per arrivarci, come quando aspetti che una pianta faccia i suoi frutti, come quando cerchi una galassia in cielo. La difficoltà, la differenza, sta nel fatto che in questi casi attorno c'è silenzio e pace, mentre la pazienza durante le esplosioni di Adelaide va gestita nel casino, nel rumore, nell'impazienza che cresce, va trovata scavando nella sua rabbia, usata per levigare gli spigoli, distribuita per distendere gli animi. La differenza che ne consegue, nella pazienza usata e nei risultati ottenuti, è la misura con cui si valuta un'esperienza di famiglia; la difficoltà con cui ci si confronta è il metro con cui si verifica se la casa è costruita sulla roccia o sulla sabbia, se le radici tengono, o se una burrasca può portarle via, lasciando solo terra e pietre. 
(Evidentemente tengono, ma che fatica!)

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