Time

Cinque anni fa non avevo figli (ancora per qualche giorno), quattro anni fa non avevo nemmeno trent'anni (ancora per qualche minuto, concedetemi il ricordo), tre anni fa le figlie erano già due, due anni fa abitavo in un'altra casa (anzi, un appartamento), l'anno scorso pure, quindi quello che si approssima è un compleanno tutto nuovo, il mio primo nella casa nuova, sono l'ultimo di famiglia a non aver ancora festeggiato "in campagna", cane e zio inclusi.

Come d'abitudine, ho da poco selezionato le foto dell'anno per farne un fotolibro, un'attività che mi consente di fare un ripasso degli ultimi dodici mesi, da una fine estate all'altra, e come sempre non c'è un aggettivo solitario per confinare il tempo passato, non è stato un anno solo "splendido", non è stato un anno solo "difficile", non è stato solo un anno "pieno", non è stato solo un anno "faticoso". Noi spezziamo la vita in giorni, minuti, misurazioni, un'invenzione sociale che ci distingue dal resto del regno animale, ma che non impedisce al tempo, e allo spazio, di proseguire la loro corsa. 

Gli inganni della mente dilatano i tempi duri e accelerano quelli meravigliosi, ma è solo apparenza. Non c'è un tempo che vola, non ci sono istanti da fermare. Lo strumento del ricordo è l'unico mezzo conosciuto e applicabile che ci consente di viaggiare all'indietro, non abbiamo una DeLorean in garage pronta a partire, possiamo solo fare tesoro di ciò che conserviamo nella testa. E nella testa non ci sta tutto, è un luogo finito, non espansibile, anzi, dicono, con gli anni si contrae, ogni tanto qualche relé si brucia...e qualche cassetto si chiude.

Io mi sono aiutato con questo blog, ho verificato che cinque anni fa scrivevo praticamente tutti i giorni (ah, quanto tempo libero!), adesso ci sono volte in cui mi costringo a scrivere qualcosa, talvolta non pensando nemmeno che qualcuno leggerà, solo per tenere traccia del cammino, avere un porto sicuro dove rifugiarmi ogni tanto, e riflettendo sulle mie verità, sui mie dogmi, e sul fatto che forse tutta questa fretta di vederle crescere, quelle due, non ce l'ho più.

Guardavo le mani ieri, quelle di Adelaide, sono ancora manine, le guardi e riconosci che sono di una bimba piccola, mani che hanno ancora bisogno di stare in una mano più grande, di un appiglio, di essere tenute, protette. strette. Ginevra ha già mani più grandi, dall'alto del suo metro e quattordici, mani che parlano, dicono "io tra meno di un anno sarò in prima elementare". (Sbadabam!)

Sulla scrivania ho delle impronte in gesso di una mano di Ginevra, e dei piedi di Adelaide, fatte più di tre anni fa. Mi raccontano, quei calchi impolverati, che loro sono state piccolissime, che hanno dipeso totalmente da noi, che non sarebbero cresciute, fino ad afferrare qualcosa - giochi e concetti - se noi non ci fossimo stati, tutti quei giorni, quei minuti in cui loro non sapevano né cosa fare, né come farlo.

Oggi, è già diverso. Per quanto totalizzante sia il bisogno che hanno di noi, hanno testa e fisico per sopravvivere. Sanno dove sono le scorte di cibo, sanno prendersi l'acqua, sanno vestirsi e svestirsi, lavarsi, addormentarsi, sanno darsi vicendevolmente aiuto, anche psicologico, sanno litigare e fare pace senza un deus ex machina, giocare, accendere la tv e cambiare i canali, spegnerla quando è il momento di mangiare, e in bagno hanno la loro autonomia.

No, non è un progetto di abbandono :-D , è solo un resoconto, la sensazione di abitare ormai con due piccole donne su una rampa di lancio, senza avere alcun potere per rallentare l'arrivo dello "zero", ma avendo tutti i mezzi e gli strumenti (e il tempo, rimediando a quello sprecato e buttato) per eseguire i test necessari, costruire tutti i pezzi e metterli al loro posto, limare le spigolature, oliare gli ingranaggi, tensionare le corde, e lasciare spazio a tutti i sentimenti, in attesa che il tempo dia loro ali di farfalla, come canterebbe qualcuno...


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